DETTAGLIO NEWS DAL PROVINCIALE |
15/03/2013 - FP | ||
Reintegrata dal giudice nel posto di lavoro |
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Così come è accaduto ai 19 operai della Fiat di Pomigliano, reintegrati da una sentenza della Corte d’Appello ma costretti dall’azienda a tornare a casa senza lavoro anche se regolarmente pagati, anche a Vittoria un’ assistente sociale, dipendente della Casa di Riposo Valdese, licenziata senza un reale motivo, dopo aver impugnato il licenziamento e ottenuto il reintegro dal Giudice competente, viene costretta dall’azienda a restare a casa con la formula del congedo retribuito: un gesto, questo molto grave è lesivo della dignità della lavoratrice. Ad intervenire sulla vicenda sono Giuseppe Scifo, Segretario Camera del Lavoro di Vittoria e Angelo Tabbì, Segretario Provinciale CGIL Funzione Pubblica Il Giudice ha ritenuto nullo il licenziamento perché la dipendente ha dimostrato di avere sempre svolto il proprio servizio con rigore, competenza e, per il contenuto umano e sociale dell’attività di assistente sociale, con passione. La scelta dell’azienda di privare la lavoratrice della propria funzione sociale, rappresenta quindi un evidente atto punitivo e denigrante che poco ha a che fare con la democrazia nei luoghi di lavoro e il concetto stesso di responsabilità sociale dell’impresa. Dopo sei mesi di congedo, l’8 febbraio scorso, proseguono Tabbì e Scifo, l’azienda licenzia la dipendente per motivi economici. Questa ulteriore decisione fa pensare ad una volontà persecutoria e non ad un licenziamento economico, che può essere evitato attraverso l’applicazione di ammortizzatori sociali ordinari o in deroga, concepiti proprio per evitare la perdita di posti di lavoro e di professionalità. L’azienda, di fronte ad una situazione economica tale da mettere in discussione i livelli occupazionali, avrebbe infatti dovuto invitare le organizzazioni sindacali per affrontare il problema e trovare soluzioni condivise al fine di non perdere nessun posto di lavoro. Tutto questo non è avvenuto. La scelta del licenziamento economico dopo il reintegro, manifesta l’insensata logica punitiva che ha determinato questo grave atto, che danneggia il diritto e la dignità della lavoratrice. La Casa di Riposo Valdese, da sempre attenta al rispetto dei diritti contrattuali dei propri dipendenti, con questa vicenda segna una inversione di tendenza rispetto al passato, in assoluta contraddizione alle enunciazioni contenuti nella Carta della Diaconia, in cui si mette al centro delle loro preoccupazioni il rispetto della persona . La Cgil fin qui ha sostenuto questa battaglia a difesa del diritto e della dignità della dipendente licenziata e continuerà in ogni sede competente a contrastare questi atti di “bullismo dirigenziale”. |